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Il primo elemento di un investimento immobiliare redditizio è la qualità dell’immobile

Giu. 16 2022

L’immobile – con tutta la sua concretezza di cemento armato, ferro e vetro – è sempre stato sinonimo di bene sicuro, oltre che segno di prestigio e benessere. Così è stato specialmente per quel periodo di straordinaria espansione edilizia che ha caratterizzato l’Italia – e non solo – dall’inizio degli anni Sessanta e che ha trasformato gli italiani in proprietari di prime, seconde e, in certi casi, anche di terze case. Dati del 2017 (Eurostat-Istat) dicono che il 73% dei nostri connazionali possiede la casa in cui vive. In generale, l’investimento sul mattone veniva giudicato il luogo più sicuro dove mettere i risparmi di un popolo che vedeva quell’asset come il miglior garante contro il peggior nemico del “miracolo economico”: la svalutazione.

Nonostante qualche contrazione, il settore immobiliare ha continuato a “tenere” e a far crescere il valore su quanto investito. Ciò valeva per i piccoli proprietari ma anche per coloro che mettevano risorse nell’edilizia e in progetti particolari, architettonicamente connotati e unici in grado di attrarre maggiormente l’interesse quali sono complessi residenziali di lusso o uffici e strutture polifunzionali. Una progressione che, pur con qualche incertezza, è arrivata fino al fatidico 2008, anno di inizio della profonda crisi economico-finanziaria che ha investito il mondo, facendo crollare sia il numero di compravendite sia la percentuale del valore degli immobili.

E benché in questi ultimi anni il mercato stia risalendo, il mattone non sembra più essere – di per sé – quel formidabile bene rifugio in grado di battere l’inflazione, come ha mostrato uno studio di qualche anno fa sugli ultimi 25 anni di mercato immobiliare italiano (Sole 24Ore e Scenari Immobiliari). 

Ciò non significa che investire nelle costruzioni non convenga. Anzi, rimane un’attività redditizia. Tuttavia, rispetto al periodo antecedente il 2008, il semplice possesso non trasforma automaticamente un immobile in un asset remunerativo. L’azione del costruire, da sola, non è più sufficiente: bisogna costruire “bene”, ovvero garantendo livelli alti di qualità progettuale, gestendo al meglio il budget a disposizione e rispettando i tempi di realizzazione.  

Anche perché fra la cesura del 2008 ed oggi molte altre circostanze sono mutate nel campo delle costruzioni, trasformando un settore ancorato a modus operandi del passato in uno che, invece, si è aperto alle novità. Innanzitutto, vi è stato un importante cambiamento proprio a partire dai materiali da costruzione, sempre più tecnologici e performanti in termini di efficienza, resistenza, durata e dagli impatti ridotti sull’ambiente. Materiali la cui scelta parte da progettazioni ad hoc e che per il corretto uso e installazione necessitano di competenze specifiche.

Sono avvenuti importanti cambi nel quadro normativo che hanno modificato nel profondo gli approcci progettuali e costruttivi. È sufficiente pensare all’importanza che riveste la sostenibilità ambientale anche nel campo edilizio. L’edificio è visto come un luogo la cui carbon footprint deve essere fortemente ridotta, se non addirittura annullata come nel caso di uno zero-net energy building. Oppure esso stesso può divenire generatore di energia pulita e rinnovabile, grazie all’installazione di sistemi di autoproduzione quali pannelli fotovoltaici o minieolico.  
All’attenzione all’ambiente si affianca la potenziata considerazione alla sicurezza sia di chi lavora alla costruzione, ma anche a chi vi andrà ad abitare, con l’imprescindibile obiettivo di abbassare di molto il grado di rischio derivante da incendi, terremoti o altri eventi catastrofici. 

In terzo luogo, ma non per importanza, l’aspetto di avanzamento tecnologico. Come è accaduto per uno spazio come quello della fabbrica nell’Industria 4.0, così anche il building deve aprirsi a questa profonda trasformazione fatta da interconnessione, digitalizzazione, automazione. 

Da ultimo, un analogo processo di cambiamento ha investito la fase di progettazione con l’arrivo del Building Information Modeling o BIM, un sistema che integra tra loro software specifici con lo scopo di aggregare e correlare dati necessari nelle fasi di pianificazione, costruzione e manutenzione dell’edificio e combinare e collegare digitalmente le informazioni impiantistiche, strutturali,  architettoniche o autorizzative.

Torniamo al concetto di costruire bene. C’è un altro elemento nuovo rispetto al pre-2008: con una globalizzazione più avanzata e matura, i cambiamenti avvengono con maggiore rapidità, frequenza e su scala più grande. Ciò significa concorrenza più agguerrita, preparata e senza frontiere in cui le marginalità non rispondono più a schemi prevedibili e la rapida obsolescenza delle cose portano le esigenze o le tendenze a nascere, mutare e spegnersi nel volgere di poco tempo. In questo contesto, è fondamentale per un investitore chiudere il ciclo nel più breve tempo possibile per cercare di mettere a frutto l’investimento fatto. 

La rapidità non deve però derogare alla qualità progettuale, altro punto di forza: dal disegno alla scelta delle soluzioni impiantistiche. 
Ma non solo. Perché l’investimento restituisca valore è fondamentale che esso sia rispondente ai criteri normativi previsti per la destinazione d’uso. Il mancato rispetto delle regole, l’errata interpretazione delle leggi o la difficoltà nell’individuare gli iter autorizzativi più lineari possono generare danni sia in corso d’opera sia a lavoro ultimato.  
Benché l’obiettivo qualità sia decisivo per la riuscita dell’operazione, non sempre l’investitore è in grado o vuole governare questo sistema complesso. 

Per questa ragione è opportuno ricorrere al supporto di esperti professionisti che sappiano gestire al meglio i tre macro-aspetti citati. E Nexta ha le competenze necessarie per affiancare soggetti quali investitori o studi di progettazione in questo percorso di qualità che parte dall’idea e arriva fino alla fase di utilizzo. From design to operation. 
 

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