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Imballaggi sostenibilili. Il futuro va preparato oggi

Gen. 17 2023

“Il rifiuto migliore? È quello che non si produce”. Una frase ricorrente, sintesi più o meno accurata di quella Gerarchia dei Rifiuti promossa dall’Unione europea che vede in cima – quali soluzioni ottimali – la prevenzione e la preparazione al riutilizzo e in fondo, come extrema ratio, lo smaltimento in discarica.

Il processo desiderato è quello che parte dalla progettazione del prodotto e che, fin dal suo design, deve avere una componente “eco” in grado di garantire sia una compatibilità ambientale sia un suo pieno riutilizzo. A stimolo e supporto al raggiungimento di questo obiettivo si affiancano altri strumenti come gli schemi EPR (Extended Producer Responsibility) secondo cui la responsabilità di un produttore va oltre la fase realizzativa ma si estende anche a quella di post-consumo, quando il prodotto non serve più e deve essere gestito come rifiuto (Laboratorio REF). Ciò vale sia per i produttori ma anche per coloro che distribuiscono e vendono quei prodotti. Un discorso specialmente vero quando si parla di packaging realizzato tanto in materiale plastico quanto in vetro, cartone o altri materiali.

Se solo in Italia, la quantità di imballaggi immessi sul mercato in un anno ammonta a 14 milioni di tonnellate (ISPRA 2020), in Europa, il 40% della plastica e il 50% della carta utilizzate sono destinate a finalità di packaging. E ciò che preoccupa non è solo che il dato sia in continua crescita, ma piuttosto che si allarghi il divario tra quanto è raccolto con la differenziata e quanto viene effettivamente riciclato e, dunque, riutilizzato. Sia nel nostro Paese che in Europa. Infatti, in media ogni cittadino dell’Unione produce 180 kg di rifiuti di imballaggio all'anno e, negli ultimi 10 anni la quantità di rifiuti è aumentata di oltre il 20%, in particolare a causa degli imballaggi monouso. Specialmente, quelli in plastica visto che, secondo le stime, il volume di questi ultimi crescerà del 46% entro il 2030 e del 61% entro il 2040 (rispetto a dati del 2018). 

Un tema, quello del packaging e della sua regolamentazione – in contrasto al fenomeno dell’overpackaging – su cui l’Europa comunitaria ha dedicato particolare attenzione, andando a creare, negli anni, un corposo quadro normativo. Il “Pacchetto economia circolare” (contenenti le Direttive 2018/851 e 852 su imballaggi e rifiuti), la Strategia sulla Plastica e la Direttiva sulle Plastiche monouso (2019/904), oltre che in generale la politica di Green Deal, mostrano quanto la questione sia centrale per una svolta sostenibile al nostro modo di produrre e consumare. 

A questo corpus legislativo si è aggiunta la nuova proposta di Regolamento UE sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggi che, modificando le Direttive 2019/1020 e 2019/904, spinge per rendere gli imballaggi nell’Unione completamente riciclabili. Quali sono le direttrici sulle quali si muove questo nuovo documento? Innanzitutto, è prevenire o ridurre la produzione di rifiuti di imballaggio, imporre restrizioni agli imballaggi inutili e favorire quelli riutilizzabili (o ricaricabili).
Secondariamente favorire il cosiddetto “riciclaggio a circuito chiuso", così che tutti gli imballaggi presenti sul mercato dell'UE siano riciclabili entro il 2030.

E terzo, ridurre il fabbisogno di risorse naturali primarie, instaurando un mercato – davvero funzionante – di materie prime secondarie; in questo modo si potrebbe cominciare a porre le basi per quell’auspicata, ma mai realizzata, dissociazione fra sviluppo economico e consumo di risorse naturali. 

Quali le novità puntuali contenute nella proposta? Ci si aspetta una progressiva riduzione dei rifiuti da imballaggio fino ad arrivare al 15% pro capite rispetto al 2018 entro il 2040. 
Per quanto riguarda la quantità minima di riciclato, la Commissione, tra le altre cose, afferma che per le bottiglie di plastica monouso per bevande essa dovrà salire al 65% nel 2040. Ugualmente si spinge per l’adozione di sistemi di riutilizzo e ricarica in ambiti come bevande e cibi da asporto con percentuali al 2040 dell’80% e del 40% rispettivamente. 
Come spesso si dice, la sostenibilità non è più una fra le opzioni. E al di là di qualche ritardo o piccola marcia indietro – anche rispetto a quest’ultima proposta europea – la strada è segnata.  Si tratta certamente di una prospettiva sfidante per produttori e distributori che, se vogliono rimanere attivi sul mercato, devono prepararsi, non solo adeguandosi o conformandosi per tempo, ma – per quanto possibile – anticipando i tempi. Allo stesso tempo, anche gli utilizzatori di imballaggi dovranno prepararsi al fine di selezionare packaging capaci di rispondere e, se possibile, anticipare gli obiettivi di sostenibilità ormai sempre più stringenti. 

In questo ambito, è fondamentale farsi affiancare da soggetti come Bureau Veritas Nexta, in grado di offrire soluzioni che partendo dalla valutazione del livello di applicazione dei principi dell’economia circolare, nella gestione/uso del packaging e dei rifiuti, passano attraverso lo scouting tecnologico di materiali e il supporto nelle azioni di comunicazione della sostenibilità dei manufatti, per arrivare a offrire idee innovative su scelte di prodotti da riciclo utilizzabili nella realizzazione dei manufatti/packaging. Bureau Veritas Nexta accompagna, quindi, le aziende in un percorso finalizzato alla sostenibilità di manufatti e packaging, riferendosi alle direttrici delineate da normative e innovazioni tecnologiche. 
Un approccio che può interessare i brand owner dei settori food, cosmetico, healthcare, homecare e fashion, ecc., quali utilizzatori finali di manufatti e packaging in plastica, i produttori di packaging e i produttori di waste, proveniente da svariate filiere manifatturiere (es. settore automotive, filiere agroalimentari).