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La sostenibilità di un'impresa? Si estende anche alla supply chain 

Mag. 15 2024

MAGAZINE

Responsabilità sulla supply chain. Il punto di svolta del Rana Plaza

“Spartiacque”, “momento di svolta” “punto di non ritorno”. Queste sono le espressioni che accompagnano i giudizi sui fatti avvenuti 11 anni fa a Dacca, in Bangladesh, quando un palazzo di nove piani – noto con il nome di Rana Plaza – crollò, seppellendo sotto le macerie più di 1.100 persone che lì lavoravano. Una tragedia che, oltre a mettere in luce le pessime condizioni di sicurezza e di sfruttamento in cui si trovavano lavoratrici e lavoratori, ha chiamato in causa la responsabilità delle aziende occidentali che di quella manodopera regolarmente si servivano.

Benché non fosse la prima volta che società europee o statunitensi finissero sotto i riflettori per come venivano fabbricati i loro prodotti (realizzati in contesti di lavoro minorile, di assenza di diritti fondamentali e di salari infimi), l’enormità di ciò che avvenne nella fabbrica di Dacca ha prepotentemente portato la questione all’attenzione dell’opinione pubblica. In particolare, è stato messo in discussione fino a dove le imprese appaltatrici debbano essere responsabili dei loro fornitori. E non solo in termini generali – si direbbe etici – ma anche sulla base di quei criteri codificati e misurabili di rispetto dell’ambiente, delle persone e della gestione aziendale che vanno sotto l’acronimo ESG, ovvero Environmental, Social, Governance.

Ecco perché – e ancor di più da quel tragico episodio – parlare di sostenibilità per un’impresa implica l’assunzione di un impegno, di una responsabilità, che, estendendosi ben oltre i suoi confini coinvolge l’intera supply chain e agisce su tutta la filiera del valore.

Il lungo cammino verso una catena di fornitori sostenibile

La sostenibilità nella catena di fornitura richiede, dunque, la gestione di pratiche ambientali, sociali e di governance lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti, considerando sia il costo finanziario che l’impatto sui lavoratori e sull’ambiente.

Eppure – come si è potuto osservare durante questi anni che ci separano dal crollo del Rana Plaza – il lavoro per il pieno controllo sulla catena di fornitura è, in certa misura, ancora da svolgere. E ciò specialmente se i fornitori si trovano in Paesi extra UE, dove le locali legislazioni sul lavoro e in generale sui diritti delle persone prevedono poche se non nulle tutele. 
Quali le ragioni di questo ritardo nell’assunzione di piena responsabilità? 
In primo luogo, si registra ancora la resistenza da parte di alcune aziende, anche di grandi dimensioni, a esigere informazioni complete dai propri fornitori, preferendo, invece, accontentarsi delle autodichiarazioni. In altri casi, invece, vi è un’oggettiva difficoltà nell’avere il reale controllo della situazione, soprattutto quando il lavoro viene subappaltato a soggetti non contrattualizzati. Talvolta, va aggiunto anche il limitato potere contrattuale che le imprese hanno nei riguardi di fornitori locali sul tema del rispetto dei diritti. Infatti, la richiesta globale di manodopera a basso costo consente a questi ultimi di scegliere i propri committenti, preferendo quelli poco esigenti sul versante ESG.
Infine, molte aziende, pur desiderandolo, faticano per ragioni di organizzazione a implementare pratiche di monitoraggio della sostenibilità della catena di fornitura. 
In ogni caso, la mancanza di una piena consapevolezza sulla supply chain espone le imprese a rischi, anche gravi, di tipo reputazionale ed economico.

Non bisogna, tuttavia, dimenticare che l’Unione Europea ha legiferato in materia. Dal gennaio 2023 è in vigore la Corporate Sustainability Reporting Directive meglio nota come CSRD incentrata sulle nuove modalità di rendicontazione e comunicazione delle tematiche di sostenibilità aziendali. Tra le tante e corpose novità – che gradualmente diverranno obbligatorie per le imprese europee o quotate nelle Borse degli Stati UE – vi è anche quella relativa alle supply chain (Articolo 19bis). 
Inoltre, il Parlamento europeo dovrebbe, entro giugno 2024 – cioè prima delle elezioni europee – esprimersi riguardo la Corporate Sustainability Due Diligence Directive o CSDD relativa proprio alla gestione dei rischi connessi al rispetto dei diritti umani e di quelli ambientali lungo la supply chain. Considerando che si è giunti alla fine della legislatura, questo tema verrà ripreso e discusso ancora dai nuovi rappresentanti, ma certamente non accantonato.

Supply chain trasparente e sostenibile. Quali vantaggi?

Governare i propri fornitori non significa solo agire eticamente o evitare incidenti di immagine con possibili e pesanti ripercussioni sul business, ma anche ottenere dei benefici. Una supply chain più sostenibile potrebbe migliorare i rating aziendali e attrare più investimenti. Inoltre, in una logica di ottimizzazione dei costi, l’efficientamento delle risorse può portare ad un risparmio economico a lungo termine.  Vanno anche considerati i benefici in termini reputazionali poiché un’impresa conosciuta per la sua attenzione alle tematiche di sostenibilità può diventare attrattiva anche per futuri talenti. Infine, si possono ottenere benefici in chiave di marketing, dato che offrire servizi o prodotti conformi a criteri sostenibili rappresenta un’ulteriore opportunità di mercato, specialmente verso quel numero crescente di consumatori più attenti e consapevoli.
Come detto, molte realtà aziendali faticano a implementare pratiche per avere una catena di fornitura sostenibile: come una maggiore trasparenza nei confronti dei fornitori e lo sviluppo di tecniche di monitoraggio e di miglioramento della performance dei loro fornitori.
 

In questo senso, il supporto di professionisti esperti in materia è decisivo. Bureau Veritas Nexta sostiene le aziende in un percorso strategico verso acquisti sostenibili e il management della catena di fornitura

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persone riunione sostenibilità

IL SERVIZIO DI BUREAU VERITAS NEXTA PREVEDE DIVERSE FASI E SI ARTICOLA NELLE SEGUENTI ATTIVITÀ:

Analisi della filiera con clusterizzazione dei fornitori

Creazione di un piano di monitoraggio e sorveglianza delle performance ESG di ciascuna categoria di fornitori

Definizione di azioni di coinvolgimento e miglioramento della catena di fornitura

Sorveglianza e monitoraggio periodici.

È pertanto chiaro come per le aziende, ad oggi, sia strategico intraprendere con decisione e tempestività programmi di supply chain sostenibile per raggiungere gli obiettivi futuri.

SERVIZI DI CONSULENZA PER STRATEGIE ESG
 

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