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Recovery e non solo. Quando l'economia si fa davvero circolare

Mag. 5 2021

Economia circolare, agricoltura sostenibile, energia rinnovabile, idrogeno e mobilità verde, efficienza energetica e tutela della risorsa idrica. Sono 59,33 i miliardi di euro destinati al finanziamento di progetti green. Questo prevede in estrema sintesi il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – da noi chiamato “recovery fund” – in materia di sostenibilità ambientale che il Governo Draghi ha elaborato in vista della prossima presentazione e valutazione da parte di Bruxelles. 
Le risorse provengono dal Next Generation EU, fondo da circa 750 miliardi di euro pensato per favorire la ripresa delle economie europee fortemente colpite dalla pandemia di COVID-19; l’Italia è tra i Paesi maggiormente interessati, destinataria di oltre 190 miliardi di euro che diventano 220 se si calcolano anche le risorse del fondo aggiuntivo. Un pacchetto di aiuti che ha come finalità il sostegno a processi di sviluppo sociali che abbiano nella digitalizzazione, nell’equità e nella stabilità macroeconomica, nella rivoluzione verde e nella transizione ecologica il loro fulcro. Queste ultime da raggiungere attraverso azioni e politiche sempre più improntate alla sostenibilità e alla circolarità.
Tuttavia, benché l’iniziativa europea sia conseguenza della difficile congiuntura, sarebbe errato vedere l’irrompere della pandemia sulla scena mondiale come il motore di questo interesse per una rivoluzione sostenibile. L’Europa comunitaria, infatti, su questi punti già aveva posto solide basi con una strategia di alto profilo e iniziative concrete dal punto di vista normativo ed economico-finanziario. 
Sono almeno tre le componenti principali dell’azione Ue: la politica di Green Deal, la Tassonomia e il Pacchetto Economia circolare. 
Partendo dal fondo, abbiamo le quattro direttive comunitarie (849-852) che dal 2018 disciplinano il settore dei rifiuti e degli imballaggi secondo la logica della circular economy, per la quale riuso e riutilizzo divengono i principali obiettivi da perseguire, con la discarica quale soluzione destinata ad essere sempre più marginale. Direttive che il nostro Parlamento ha recepito nel settembre 2020.  
La seconda riguarda la cosiddetta tassonomia delle attività economiche green. Benché poco pubblicizzata dai media, questa classificazione è fondamentale per fornire a investitori, imprese e governi una definizione comune di cosa sia o non sia un’attività economica sostenibile. Uno strumento indispensabile per orientare le scelte di investimento da qui ai prossimi decenni. 
Infine, il Green Deal europeo, ovvero un’imponente serie di misure strategiche – leggi e risorse economiche – che l’Unione intende mettere in campo per far sì che il Vecchio Continente diventi carbon neutral entro il 2050.
Ne emerge un quadro piuttosto chiaro, in cui i concetti di sostenibilità e circolarità si pongono come linee guida nella presa di decisioni in campo politico, economico e finanziario, con il cambiamento climatico e i suoi effetti devastanti sulle attività umane come fatti incontrovertibili e non più trascurabili. 
L’Europa non è tuttavia sola. Anche la finanza internazionale sembra credere nella sostenibilità come elemento non scindibile dal business. Un caso fra tutti è quello di Larry Fink, CEO del megafondo BlackRock che per il secondo anno consecutivo ha insistito sulla improrogabile necessità di investire in società che hanno la tutela dell’ambiente come uno dei pilastri portanti. 

In questo panorama, per le aziende l’adozione di pratiche circolari e sostenibili – oltre al portato etico – diventerà un fattore discriminante per rimanere concorrenziali, attraenti per eventuali committenti (nel caso un’organizzazione sia un anello nella catena di fornitura) e preferibili agli occhi dei consumatori finali che sempre più scelgono aziende e prodotti sostenibili.
Ma come riuscire a cambiare paradigma e operare in maniera circolare e sostenibile? Siccome le azioni da mettere in pratica sono differenti e ogni realtà aziendale o organizzazione ha esigenze proprie, è importante avere un supporto competente capace di costruire un percorso di sostenibilità coerente.

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Bureau Veritas Nexta è, in questo senso, in grado di implementare pratiche aziendali orientate all’uso efficiente delle risorse e di valorizzare prodotticircolari”, intervenendo in ogni fase dal procurement al manufacturing allo use and distribution fino all’end of life


Tra le possibili azioni vi sono: 
• Il Life Cycle Assessment o LCA, è una metodologia, scientifica e standardizzata, utilizzata per calcolare gli impatti ambientali di un prodotto (qualsiasi). Lo studio considera tutto il ciclo di vita del prodotto (dalla culla alla tomba) e una decina o più di indicatori ambientali diversi. Grazie ad essa è possibile quantificare gli impatti ambientali di un prodotto lungo tutto il suo ciclo di vita prendendo in considerazione diversi indicatori d'impatto ambientale (analisi multicriterio). Inoltre, attraverso un approccio multi-step è possibile averne anche una visione sistemica.
• La Dichiarazione Pubblica di Prodotto o EPD,è un documento pubblico – redatto volontariamente – nel quale un’Organizzazione comunica in modo trasparente e verificato le prestazioni ambientali di un prodotto. I contenuti e le specifiche per redigere l’EPD sono stabiliti da organismi terzi che rilasciano il marchio. Requisito indispensabile è quello di effettuare uno studio di LCA del prodotto.
• La Carbon Footprint di Prodotto o CFP può essere vista come una applicazione della LCA. Invece che studiare vari indicatori ambientali (10 o più) la valutazione è focalizzata solo sull’indicatore legato al climate change: si ottiene quindi una misura del contributo dato da un prodotto al fenomeno del cambiamento climatico (contributo espresso in kg di CO2eq per unità funzionale). Si applica quindi la stessa logica di ciclo vita vista per LCA.
Carbon Footprint di Organizzazione (CFO) o Inventari GHG, ovvero una mappatura di tutte le attività e sorgenti di emissioni di GHG di una Organizzazione; per ogni attività/sorgente identificata si procede a quantificare i GHG emessi nel corso dell’anno solare oggetto di analisi, costruendo così un inventario dei gas serra dell’Organizzazione. Le voci dell’inventario sono standardizzate da norme internazionali. La logica è quindi spostata sull’Organizzazione nel suo complesso (dati aggregati) e non su un singolo prodotto (dati specifici del prodotto).
Il contenuto di materiale riciclato nei prodotti: le Aziende che fabbricano prodotti contenenti materiale riciclato sono interessate ad ottenere un sistema di certificazione di tale contenuto, che sia riconosciuto dal mercato e quindi valorizzi la scelta di usare materiali riciclati. Tali sistemi sono essenzialmente due: il marchio ReMade in Italy® e un’auto-dichiarazione ISO 14021 verificata da parte terza. 
• I cosiddetti indicatori di circolarità. Si tratta di indici che consentono di quantificare le prestazioni di un’azienda nel campo dell’economia circolare, aiutando così a definirne il posizionamento e supportando in modo oggettivo e coerente le strategie di miglioramento. Per esempio, tra i vantaggi derivanti dall’applicazione di questi indicatori vi è anche l’accesso a finanziamenti pubblici/privati e incentivi pubblici nel momento in cui i principi dell'economia circolare diventano un criterio di accesso a tali strumenti finanziari.

Benché nella maggior parte dei casi si tratta di servizi e attività che un’azienda richiede o intraprende in modo volontario, non derivando da obblighi cogenti di tipo legislativo, la circolarità – come emerge dalle politiche europee e a cascata nazionali – è già oggi la direttrice secondo la quale si prendono le decisioni per il prossimo futuro. 
Le dinamiche di mercato rendono però a loro modo “cogenti” questi aspetti, pena il rischio di perdere grossi contratti, opportunità commerciali, visibilità sui mercati, gradimento di consumatori e altri stakeholders o mancare la possibilità di innovazione. Il vantaggio competitivo, non a caso, si costruisce ora.