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Attrezzature a pressione: analisi del rischio per prevenire gli incidenti

Set. 10 2020

L’enorme esplosione verificatasi nel porto di Beirut lo scorso 4 agosto, con 171 morti confermate e oltre 6 mila feriti, ha riportato l’attenzione sul tema fondamentale dell’analisi di rischio necessaria per determinare la corretta gestione di sostanze pericolose e delle attrezzature costruite per il loro contenimento e trasformazione.
Tra queste ve ne sono alcune a cui va dedicata particolare considerazione. Si tratta di quelle dette “a pressione”, cioè apparecchiature in uso negli impianti di produzione di energia termoelettrica, raffinazione o produzione di prodotti chimici e farmaceutici. La loro storia è piuttosto antica e risale al XVIII secolo quando, durante la Prima Rivoluzione industriale, vennero usate le prime caldaie a vapore. Da allora, lo sviluppo tecnologico, dei metodi di produzione e l’esperienza data dall’utilizzo di tali macchinari hanno guidato anche l’evoluzione normativa per la loro corretta gestione, verifica e controllo.
La prima regolamentazione italiana a stabilire le verifiche periodiche dei macchinari a pressione fu il Regio Decreto n°824, del 12 maggio 1927. La legge – com’è naturale – è stata nel tempo soggetta a revisioni e adeguamenti rimanendo in vigore fino all’inizio degli anni Duemila. 
Nel 2000, l’introduzione della PED (Direttiva europea 97/23/CE, accolta in Italia per la prima volta con il D.Lgs. n°93 del 25/02/2000), normativa di prodotto finalizzata a garantire il rispetto dei “requisiti essenziali di sicurezza” stabiliti dalla Comunità europea nella fabbricazione delle attrezzature a pressione, segna un importante passaggio da un modello di gestione e manutenzione deterministico a uno basato sull’analisi del rischio.
Se il modello deterministico di verifica imponeva controlli periodici ogni (2, 5 o 10 anni) sui macchinari a pressione indipendentemente dalle condizioni di utilizzo, quello basato sull’analisi del rischio permette di programmare verifiche e manutenzioni in base alla valutazione oggettiva di dati reali.
Il rischio infatti (R) è un indice del pericolo potenziale ed è la combinazione della probabilità (P) di accadimento e della gravità (G) causata da una perdita di confinamento del prodotto contenuto in una data attrezzatura. E cioè: R=PxG.
La probabilità, generalmente, viene misurata in numero di eventi per anno. Mentre, la gravità viene solitamente misurata nell’area all’interno della quale si hanno eventi in grado di procurare danni a cose o persone.

Un modello preciso, puntuale ed affidabile, che per le sue caratteristiche è stato formalizzato per primo dal mondo del Oil&Gas attraverso due Standard API (American Petroleum Institute): la API RP 580 - Risk-Based Inspection e la API RP 581 - Risk-Based Inspection Technology. 
Diversamente dal modello deterministico delle manutenzioni programmate, l’RBI consente di stabilire la frequenza del monitoraggio delle attrezzature analizzando in dettaglio numerosi parametri critici come composizioni chimiche dei fluidi, materiali, pressioni, temperature, volumi, velocità dei fluidi, stato dei rivestimenti interni ed esterni, tipologia di ispezione applicabile, frequenza dei controlli, condizioni a contorno.
Un lavoro fatto da analisi, ispezioni e valutazioni finalizzate non solo a raggiungere gli standard normativi minimi richiesti, ma anche ad una migliore gestione del sito, apportando vantaggi significativi tra i quali: 
•    prevenzione dei malfunzionamenti
•    organizzazione di una strategia per gestire l’eventuale crisi
•    contenimento del tempo di interruzione dei processi
•    programmazione delle manutenzioni e eventuali investimenti.

Un lavoro che Bureau Veritas Nexta è in grado di fornire, accompagnando in questo percorso di messa in sicurezza i gestori degli impianti.
Negli anni seguenti anche la normativa italiana riconosce l’approccio RBI per giustificare eventuali deroghe alla frequenza ispettiva fissata dal D.Lgs.81/08 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, come strumento attraverso il quale dimostrare il non aggravio del rischio nel posporre tali ispezioni.

Ugualmente, con l’entrata in vigore della Direttiva europea Seveso III, D.Lgs. 105/2015, la valutazione del rischio delle attrezzature a pressione viene prevista non solo per gli impianti Oil&Gas (dove per altro era già ampiamente diffusa) ma anche per tutti gli altri stabilimenti a rischio di incidente rilevante (cioè che, come avvenuto a Beirut, travalicano i confini dello stabilimento ed impattano sulla popolazione circostante). 
I gestori di stabilimenti ad alto rischio, dunque, non sono più solamente tenuti a programmare le manutenzioni sulle attrezzature a pressione secondo quanto prescritto, ma devono dimostrare di aver predisposto un’analisi che tenga conto dell’invecchiamento delle apparecchiature, dei possibili malfunzionamenti e di un piano per gestire l’emergenza.
Proprio per affiancare gli stabilimenti e i siti produttivi che rientrano nella “categoria Seveso”, Bureau Veritas Nexta ha sviluppato un percorso di pre-audit finalizzato a preparare le aziende alle ispezioni obbligatorie della commissione Seveso (composta da VVFF, INAIL, ARPA o ASL e Capitanerie di Porto).
Nel corso del pre-audit vengono considerati tutti i 12 indici individuati dalle “Linee Guida del Gruppo di lavoro INAIL” e con l’avanzare dell’analisi a ciascun indice viene assegnato un punteggio. Il calcolo dei punteggi conseguiti in ciascun indice stabilirà l’adeguatezza o meno delle modalità di gestione e manutenzione delle attrezzature critiche.
Perché scegliere un percorso di pre-audit? L’analisi, concepita sulla base di quanto prescritto dalla norma, consente all’azienda di conoscere in anticipo, rispetto all’ispezione ufficiale, eventuali criticità e inadempienze. Avendo così il tempo raggiungere i requisiti minimi richiesti in modo tempestivo prima dell’ispezione o, in ogni caso, di poter dimostrare di aver già messo in atto strategie per l’adeguamento.
E nel caso in cui l’azienda non abbia superato l’ispezione? Le non conformità possono essere colmate entro un lasso di tempo stabilito dall’ente a seconda della gravità, generalmente variabile tra i 6 e i 12 mesi. Anche in questa situazione Bureau Veritas Nexta può fornire un supporto alle aziende nell’analizzare le carenze e individuare la strategia più efficace per raggiungere i requisiti minimi. Rispettando così i tempi stabiliti.