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Parigi, 2024. Una nuova tappa nel percorso verso l’edilizia green
L’8 marzo di quest’anno, 70 Paesi si sono impegnati nel rivedere in chiave ancora più ecosostenibile il modo in cui gli edifici devono essere costruiti.
Questo accordo - ribattezzato “Dichiarazione di Chaillot”, dal palazzo parigino in cui è avvenuta la ratifica - è stato uno dei momenti più significativi del World Buildings and Climate Forum, organizzato dalle Nazioni Uniti e dal Governo francese.
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In cosa consiste, dunque, l’impegno delle nazioni firmatarie?
Tra i punti salienti vi sono l’implementazione di quadri normativi e l’adozione di standard e codici sempre più vincolanti per un’edilizia sostenibile, la promozione nello sviluppo e nell’utilizzo di materiali performanti dal punto di vista ambientale, energetico e anche economico.
Non solo, la Dichiarazione spinge per la costruzione di un quadro finanziario adeguato, in grado di dare il via a sistemi incentivanti e fiscali che favoriscano (in linea con tassonomie e regolamenti) la realizzazione di edifici resilienti a “quasi zero emissioni” (Near-zero emission and resilient buildings o NZERB).
In ogni caso, i dati illustrano molto chiaramente quanto il sistema building impatti sull’ambiente.
Il settore edile è, infatti, responsabile di oltre il 34% della domanda di energia e circa del 37% delle emissioni di CO2 legate ad essa (ovvero circa 12Gt di CO2).
Se si guarda alle emissioni globali di gas serra si arriva a toccare il 21%.
Ugualmente critico è il tema dei rifiuti: demolizioni e ristrutturazioni portano a produrre oltre 100 miliardi di tonnellate di materiale di scarto, di cui oltre un terzo finisce in discarica.
Non solo, si prevede che nel 2060 la superficie coperta dal settore edilizio raddoppierà a livello globale: più 230 miliardi di metri quadrati di nuovi edifici (una stima che potrebbe essere anche più elevata in Africa).
Il continuo esodo dalle campagne porterà a una più intensa urbanizzazione, con il 68% della popolazione mondiale che nel 2050 abiterà in città (oggi la percentuale è del 55%).
Attualmente, sono solo 79 Paesi su 196 ad avere adottato un codice energetico, mentre il 26% ha stabilito standard edilizi obbligatori.
Building più sostenibili e conseguenze per il patrimonio immobiliare
Crisi ambientale e conseguenti misure per contrastare il climate change impattano sul valore del patrimonio immobiliare.
Nel corso degli ultimi anni la questione degli “stranded asset” è diventata sempre più concreta per gli operatori del settore del real estate.
Utilizzata nel 2014 dall’allora governatore della Bank of England Mark Carney, questa espressione fa riferimento a quei beni che - in senso figurato - sono bloccati o “incagliati” e che, pertanto, non solo non sono in grado di restituire l’investimento fatto, ma corrono il serio rischio di perdere ulteriore valore.
In special modo ci si rivolge a tutti quegli asset che o sono direttamente legati all’economia del carbonio o che - ed è il caso di molti edifici - non sono in grado di soddisfare i criteri di sostenibilità, ed efficienza energetica stabiliti da Stati ed organizzazioni internazionali (Unione europea in primis).
Si pensi per esempio all’accordo di Parigi del 2015: limitare le emissioni per frenare l’incremento delle temperature a 1,5 °C.
La conseguenza è che un numero sempre maggiore di Paesi sta iniziando a intraprendere i cambiamenti necessari per soddisfare i requisiti legislativi previsti, al fine di raggiungere il traguardo delle emissioni Net Zero entro la metà secolo.
Ma non solo. Regolamenti comunitari come l’852 del 2020 - la Tassonomia delle attività eco compatibili europee - diventeranno sempre più centrali nelle scelte di investimento, quando cioè si tratterà di decidere dove dirigere le risorse da investire e quali attività finanziare.
Il settore immobiliare fortemente coinvolto in questo processo di decarbonizzazione.
Come agire per soddisfare criteri di sostenibilità e mantenere il valore degli immobili
Compito di investitori e Assets Managers è l’attuazione di strategie di investimento che supportino la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente ai rischi climatici.
Gli edifici con emissioni di CO₂ particolarmente elevate infatti perderanno talmente tanto valore che non sarà più possibile venderli sul mercato immobiliare commerciale, trasformandosi così in asset esposti al rischio di obsolescenza economica anticipata e svalutazioni.
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Come viene gestito, ad oggi, il rischio di “incagliamento” per gli immobili?
La valutazione dei stranding risk sull’ambiente costruito è una sfida nettamente più complessa rispetto alla misurazione dell'energia e del carbonio.
Implica la valutazione di molteplici combustibili energetici e una varietà di gas a effetto serra con diverso potenziale di riscaldamento globale, la difficoltà di valutare le emissioni indirette (ad esempio embodied carbon e emissioni di carbonio non regolamentate) e l'incertezza per stimare l'impatto del cambiamento climatico sulla futura domanda di energia.
Sono disponibili solidi standard di contabilità e rendicontazione del carbonio (protocollo GHG, GRI, EPRA, ecc.), che spesso definiscono i limiti di emissione dal punto di vista delle organizzazioni che effettuano le segnalazioni.
Tuttavia, le emissioni degli edifici sono generalmente condivise tra diverse parti interessate che devono collaborare per raggiungere un obiettivo di riduzione comune.
Sono, infine, nati strumenti come il CRREM (Carbon Risk Real Estate Monitor) per orientare gli attori immobiliari verso una traiettoria compatibile con gli obiettivi dell’UE.
Ma se gli obiettivi di riduzione dei gas serra e del consumo energetico non verranno raggiunti entro le date stabilite, l’UE e le autorità nazionali inaspriranno le loro politiche, aumentando il rischio finanziario per gli investitori che non si sono adattati.
Uno dei vantaggi del CRREM è la sua capacità di allocare in modo equo e completo le emissioni totali. Inoltre, il CRREM rende i rischi trasparenti per i gestori patrimoniali e gli investitori.
CRREM, Carbon Risk Real Estate Monitor
Il calcolo dei dati e la raccolta delle emissioni di embodied carbon sono fondamentali per garantire che i risparmi operativi di carbonio ottenuti dai lavori di retrofit non implichino maggiori emissioni di carbonio altrove.
Tuttavia, l'attuale quadro politico non richiede la comunicazione e la riduzione di queste emissioni e, pertanto, investitori e proprietari raramente raccolgono dati.
L’embodied carbon può essere definito come il totale delle emissioni di gas serra generate per produrre, mantenere e smaltire un bene costruito o uno qualsiasi dei suoi componenti.
Questo, insieme all’operational carbon - emissioni dirette e indirette correlate all'energia consumata dai sistemi tecnici integrati nell'edificio durante il suo funzionamento - si sommano alle emissioni dell'intero ciclo di vita di un edificio.
La valutazione del rischio di “incagliamento” di edifici e portafogli da parte dello strumento CRREM si basa sui percorsi di decarbonizzazione delle emissioni operative.
Inoltre, i risultati dello strumento riguarderanno la definizione di strategie di riduzione del carbonio e piani di retrofit per i portafogli e gli asset valutati.
Lo strumento CRREM mira a facilitare il confronto tra il "costo dell’embodied carbon" delle azioni di retrofit e i benefici operativi attesi.
La quantificazione dell'impatto di embodied carbon di qualsiasi intervento è un complesso esercizio analitico attualmente eseguito progetto per progetto.
Ipotizzando uno scenario di riscaldamento superiore a 2°C, è probabile che il settore immobiliare debba affrontare impatti negativi sui rendimenti immobiliari nei prossimi 35 anni.
Trattandosi di investimenti legati alla posizione a lungo termine, essi sono altamente esposti ai rischi climatici.
Le attività “incagliate” possono subire svalutazioni quando:
- La domanda si sposta verso immobili sostenibili, mettendo sotto pressione gli asset "non verdi”;
- Vi è maggiore esposizione al rischio naturale (tempeste, inondazioni, incendi boschivi, ecc.);
- Vi è scarso rendimento degli edifici in termini di emissioni di carbonio e aumento dei prezzi dell'energia e del carbonio (tassazione del carbonio o prezzi più elevati per i certificati di carbonio).
Tra i fattori che determinano uno stranded asset vi sono anche il decremento dei costi delle tecnologie pulite (per esempio il solare fotovoltaico) e i cambiamenti nel comportamento dei consumatori che richiedono migliori performance ambientali (per esempio i sistemi di certificazione).
In effetti, emerge una chiara e crescente domanda di edifici verdi, sia nelle transazioni tra investitori che sul mercato da parte degli affittuari.
Sempre più stakeholder si rendono conto che l’allineamento con un’efficace strategia ESG non si riflette solo sulla salvaguardia del nostro futuro e degli ecosistemi, ma anche sul valore degli immobili e degli investimenti.
Il servizio di Carbon Risk Assessment tramite tool CRREM promosso da Bureau Veritas Nexta aiuta i proprietari di immobili a rispondere nella maniera più efficace alle crescenti richieste di sostenibilità, implementando le modifiche necessarie per non rimanere indietro.