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I ponti più sicuri? Sono quelli monitorati

Mag. 25 2021

Da qualche tempo, lo stato di salute di ponti e viadotti italiani è diventato argomento di attualità considerando che, solo nell’ultimo decennio, sono state almeno nove le infrastrutture di una certa rilevanza crollate lungo la Penisola. Tragedie, purtroppo avvenute o fortunatamente solo sfiorate, che hanno acceso i riflettori sullo stato di salute della rete viaria italiana e sull’assenza di informazioni chiare e certe a partire da quanti sono e a chi fanno capo, che siano essi gestori autostradali, province, Regioni o Comuni. 
Un primo e organico tentativo di censimento che colmi decenni segnati dalla frammentarietà o dall’assenza di dati sicuri proviene dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e Autostradali (ANSFISA). Nella prima e da poco pubblicata relazione si parla di circa 21.000 fra ponti, viadotti e oltre 6.000 cavalcavia distribuiti in una rete di 840.000 chilometri di strade italiane.

A questa carenza informativa bisogna aggiungere un ulteriore elemento di potenziale criticità: la vetustà di tutto il patrimonio infrastrutturale italiano, al quale la rete viaria partecipa. Restringendo poi il campo d’osservazione ai soli ponti e viadotti che incrociano le strade ANAS, si scopre che la metà di essi ha un’età anagrafica superiore ai 50 anni
Riassumendo siamo di fronte a importante numero di infrastrutture, realizzate in media oltre mezzo secolo fa, delle quali da pochissimo abbiamo un ordine di grandezza numerico e di cui, in certa percentuale, si fatica a trovare il titolare. Una situazione, come si può intuire, ad alto rischio. Ma quali soluzioni adottare per ridare sicurezza agli utenti? Abbattere il costruito e sostituire con il nuovo è senz’altro una risposta in casi estremamente critici, ma in condizioni normali non conviene sotto nessun aspetto: economico, ambientale e di servizio alla comunità. Intervenire con manutenzioni è certamente doveroso, soprattutto là dove sono già state evidenziate problematiche, ma non può essere un’azione preventiva.  
Ciò che è fondamentale per poter prendere una qualsiasi decisione è avere reale consapevolezza della situazione: prevedere un monitoraggio costante e continuato significa tenere sempre sotto controllo le condizioni di “salute” e poterne cogliere le possibili evoluzioni.

E in questo processo la tecnologia è un elemento indispensabile. È sufficiente pensare a una circostanza piuttosto comune quale il transito di veicoli pesanti su ponti e viadotti: senza apporto tecnologico, ma solo sulla base di calcoli e verifiche periodiche a posteriori, non si ha che una stima della tenuta della struttura, ma non la sua condizione in real-time. Un dato ancora più preoccupante se si considera che talvolta il passaggio di un carico eccezionalmente pesante non viene segnalato al gestore di quel tratto di strada. 
Vi sono diverse soluzioni, ma quale adottare? Una via ad oggi maggiormente seguita è quella di utilizzare sensori nel manto stradale, questi rilevano i dati relativi al peso dei mezzi in transito. Lo svantaggio principale di tale soluzione è che l’eventuale rifacimento dell’asfalto porta all’involontaria rimozione o al danneggiamento dei sensori.
Un’altra via è quella di usare sensori a corde ottiche posizionati esternamente alle strutture del ponte o del viadotto, al di sotto dell’impalcato, dove non vi è il rischio di rimozione accidentale o danneggiamento. Quest’ultima è la proposta nata dalla partnership tra Bureau Veritas Nexta e Osmos, società che sviluppa sistemi di monitoraggio a livello globale. Il sistema messo a punto si chiama Weight-in-Motion & Deformation, un tipo di “pesatura dinamica” avanzata che serve a restituire sotto forma di dati numerici le caratteristiche del traffico su strada e i possibili impatti sul ponte o viadotto in oggetto. Si tratta di una soluzione per eseguire un monitoraggio sia di tipo strutturale (o SHM, Structural Health Monitoring) sia in “movimento”, cioè relativo al traffico di veicoli che passano su quella particolare infrastruttura.

Ciò significa che il sistema è in grado di segnare il passaggio di ogni veicolo, facendone una classificazione in base al peso, rilevare direzione e velocità di marcia e calcolare la massima deformazione generata da ogni veicolo in transito. In caso di pericolo per la struttura ma anche di passaggio di un veicolo con eccesso di carico, il software di gestione lancia un allarme. 
A corredo vi è un sistema di videocamere che associa il segnale rilevato dai sensori a un’immagine del veicolo (modello e targa), particolarmente utile a coloro che devono intervenire in caso di emergenza.

L’adozione di sistemi di monitoraggio è pensata per rispondere ad almeno tre tipi di garanzia: 
- quella dell’incolumità delle persone 
- quella della protezione dei beni e, dunque, degli interessi di proprietari e gestori
- quella allargata che riguarda le nostre società: un patrimonio infrastrutturale senza sicurezza perde di valore, sia che si parli di edifici, gallerie, infrastrutture energetiche, dighe o per l’appunto, ponti. 

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